Ponte fra Lingue – ma perché questo nome?

Quando un impresa assume un suo nominativo naturalmente sceglie il nome del fondatore come “Alessi”, se considerato necessario anche un po’ arrotondato come “adidas” (Adolf Dassler) e arricchito con il luogo di provenienza come HARIBO (Hans Riegel Bonn). Un approccio ancora più significativo è descriverne la funzione o lo scopo come FIAT (Federazione Italiano degli Automobili di Torino), BMW (Bayerische Motorenwerke). Poi può essere scelta anche un’idea generale contenendo l’emozione desiderata come in NATURASì.

Il nome “Ponte fra Lingue” porta anche un’idea più generale cioè quella che sia necessario o utile di servirsi di un mezzo di appoggio per acquisire cioè imparare a comprendere e parlare un’altra lingua. Posso fare anche a meno, dipende dalla mia determinazione, dalle conoscenze già acquistate, dalle esperienze con altre lingue che magari conosco, e anche con il processo (e successo) dell’imparare in generale, di solito nell’ambito della scuola. Poi anche l’adattabilità ad altre culture con mentalità più o meno diverse sicuramente gioca un ruolo.

La scelta è paragonabile con fare un tuffo nelle acque sconosciute e con la sponda opposta lontana quindi un impegno che per un nuotatore professionista o amatoriale è già una sfida e fino ad un certo punto un piacere ma per la persona comune porta una difficoltà magari scoraggiante e se lo intraprendessi magari arriverebbe con le ultime forze su un’isola deserta o solo popolata da concittadini (per estendere la rappresentazione) e rimarrebbe deluso oppure tornerebbe indietro. Comunque ogni esperienza ha il suo valore.

Poi è anche vero che i dispositivi che traducono le frasi anche in modo orale e audibile possono aiutare in una situazione di necessità immediata. Solo che non servono davvero a creare un rapporto di percezione ed espressione più profonda: Riducono la lingua all’aspetto di utilità: Fare domande concise e ricevere le relative risposte.

L’idea della scuola e del progetto ponte fra lingue invece lo capisco non solo come un robot programmabile che trasmette nozioni e regole per saper tradurre una lingua in un’altra ma piuttosto come approccio per scoprire la propria creatività. Poi vorremmo avvicinarci ad un’altra lingua e cultura insomma ad un altro mondo in uno scambio che allarga l’orizzonte personale di tutti i coinvolti.

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